The night song of the day #417
12 Agosto 2025
(#416) Quanto ho descritto nella nota di ieri ha caratterizzato la giornata di oggi. Il casus belli è stato il taglio non autorizzato di una pianta di fichi. Si può dire che vedere una vecchia pianta tagliata rappresenti lo sconforto di cui sono in balia.
Settimana scorsa ero sul treno che mi riportava dal mare. Di fronte a me due signori, di cui uno con un cane al guinzaglio, discutevano animosamente con la capotreno, mentre viaggiavamo a 300 all’ora. L’oggetto del contendere era il cane troppo grosso e agitato per condividere il posto con uno sconosciuto, che giustamente si stava lamentando. Il proprietario ha intimato al cane almeno dieci volte di stare fermo. Ma fermo rispetto a cosa? Stiamo viaggiando velocissimi.
A pensarci bene, nessuno di noi può stare fermo, perché siamo sempre su un treno che viaggia, la nostra Terra.
Eppure ci sono dei giorni, qui in montagna, dove non sembra muoversi nemmeno una foglia. Sembra tutto fermo, immobile, immutato.
(#296) Siamo quindi dissociati secondo la mia definizione? Sempre, perché non percepiamo la realtà della natura. Viaggiamo a 100mila chilometri all’ora per tutta la nostra vita e non ce ne rendiamo conto. E questo non è che un misero esempio. Ma c’è una seconda considerazione da fare sul padrone e il cane, e riguarda la relatività. Potrebbe mai esistere il romanticismo senza l’esistenzialismo? No, altrimenti rispetto a cosa saremmo romantici? Eliminando il cinismo, l’esistenzialismo e il disincanto, il romanticismo diventerebbe una normalità che non ha più bisogno di un nome.
“No one is more romantic than a cynic. I do think that you don’t become cynical or ‘unsentimental’ unless there’s a core of romanticism or sentiment that’s had a few chips nicked into it.” (N. Ephron)
Interrogarsi sull’essere romantico o esistenzialista non è la domanda giusta.
Nel corso dei secoli le correnti che incarnano i valori, la morale, lo slancio romantico e gli ideali si sono contrapposte a quelle che rappresentano il cinismo, la disillusione, il disincanto e la tragedia. Hanno solo cambiato nome e sfumatura nel tempo. A me piace usare la parola Romanticismo per le prime e Esistenzialismo per le seconde, ma solo per piacere della lingua e per richiamarle velocemente.
Scegliere di essere l’uno o l’altro presuppone di negare mezza verità. Perché l’Esistenzialismo rappresenta la natura, mentre il Romanticismo rappresenta la mente.
La dissociazione, nella mia definizione estesa partendo da Kant e Freud, diventa la chiave per interpretare il dilemma e dare una risposta.
La natura ci riporta allo squallore, al dolore, alla sofferenza e all’ineluttabile fine, la mente alle pulzelle, alle imprese epiche, all’anello e alle spade laser. Sono due facce della stessa medaglia, ma non è vero che sono complementari.
(#406) Non solo esistono nella loro relatività, ma esistono contemporaneamente in una sovrapposizione quantistica. Si tratta di un concetto fisico complesso da interiorizzare, ma semplice una volta capito.
La consapevolezza di voler vivere una vita romantica è un grosso pezzo del puzzle della felicità.
L’Esistenzialismo è all-pervading, sarebbe da ottusi dissociarsi negandolo. Il Romanticismo non esiste e sarebbe da stolti sostenere il contrario. Ma il Romanticismo diventa lo stile di vita, nel momento in cui l’esistenzialismo è nello stato sbagliato.
“When I find myself in times of trouble, Mother Mary comes to me,
and in my hour of darkness she is standing right in front of me…
and when the night is cloudy there is still a light that shines on me,
shinin' until tomorrow, let it be”.
Perché il senso della vita non c’è e per vivere dobbiamo inventarlo.
Correva l’anno 1970
The Beatles - Let it be