The night song of the day #447

2 Ottobre 2025

Platone riteneva che l’anima fosse immortale e che, prima di incarnarsi, avesse contemplato le Idee, le forme perfette ed eterne, in un mondo superiore e che da queste derivasse la conoscenza dell’uomo.

Col passare del tempo l’innatismo è stato fondamento di interi sistemi filosofici, fino all’arrivo di Locke e degli empiristi. Il fatto che l’essere umano avesse delle caratteristiche innate, però, diede vita al conflitto tra le due correnti.

Conflitto placato nel 1953 quando Watson e Crick scoprirono il DNA e in un colpo solo riunirono tutte le discipline filosofiche, letterarie, psicologiche e scientifiche. Le “idee innate” esistono davvero e ce le “iniettano” i nostri genitori alla nascita.

La “natura dell’uomo” è conservata tutta nel DNA, le cui mutazioni richiedono migliaia di anni per portare a una significativa evoluzione della specie.

La “natura dell’uomo” sottostà alle regole evolutive del regno animale, che riguardano la sopravvivenza e la riproduzione. Una buona rappresentazione della gerarchia delle sue priorità ce la dà Maslow.

(#361, #384) Ne segue direttamente che la morale alla nascita è la rappresentazione della natura dell’uomo tramite l’ES freudiano.

La negazione della natura dell’uomo è una forma di ipocrisia, tanto più marcata quanto è importante la negazione.

Maslow ci ricorda che l’uomo deve soddisfare per primi i bisogni fondamentali, quelli fisiologici, di sostentamento, di sicurezza e riproduttivi, per poi procedere a soddisfare gli altri. Appartenenza, stima e autorganizzazione seguono, molto distanti, quelli precedenti.

Una delle peggiori forme di ipocrisia è quella che per soddisfare bisogni di alto livello, rinnega il sistema con cui si soddisfano quelli fondamentali.

Sono consapevole che il mio, il nostro, tenore di vita in Italia, con le ovvie differenze, è estremamente superiore a quello di tutto il resto del mondo.

Sono altrettanto consapevole che questo tenore di vita è sostenuto dallo sfruttamento di altri esseri umani.

Per soddisfare i miei bisogni fondamentali sto scientemente sfruttando qualcun altro e, come lo faccio io, lo fanno tutti gli italiani. Consapevolmente o inconsapevolmente. Negarlo è da ipocriti.

Dal punto di vista economico più il prezzo del bene che stai comprando si abbassa, più stiamo sfruttando qualche poveraccio dall’altra parte del mondo. Nel momento in cui lo acquistiamo diventiamo complici dell’aguzzino. Ma sono le offerte che attirano veramente le persone. Negarlo è da ipocriti.

Non c’è una soluzione. Le risorse disponibili non sono sufficienti a garantire un tenore di vita accettabile ai troppi miliardi di umani che popolano questo pianeta. Almeno all’attuale livello tecnologico e di popolazione. Negarlo è da ipocriti.

E allora perché non provare a distribuirle più equamente?

Semplicemente perché non è possibile farlo. L’essere umano è un super-predatore alpha, è scritto nel DNA e, come il King Cobra, è un cannibale. Anche la popolazione di un super-predatore alpha, infatti, va regolata. Il cannibalismo è uno dei modi. Negarlo è da ipocriti.

Ne segue che la sicurezza diventa un problema. Ogni giorno dobbiamo difenderci da un nostro simile che vuole depredarci. Nel momento in cui decidiamo che le nostre necessità debbano essere soddisfatte, facciamo quello che è in nostro potere per farlo e man mano che ci avviciniamo a quelle fondamentali, diventiamo più aggressivi e violenti. Questo vale per noi e per tutti gli altri. Negarlo è da ipocriti.

Pensare di cambiare la natura dell’uomo è da ipocriti. Possiamo imporre un’etica. Possiamo ridurre alcuni comportamenti eccessivi. Possiamo garantire una certa sicurezza per le strade. Ma cambiarla è impossibile.

(#417) Questa è la parte più complessa della sovrapposizione. Accettare l’esistenzialismo senza essere ipocriti.

Il radical chic milanese è l’emblema dell’ipocrisia. Vuole soddisfare le sue necessità di autorealizzazione ma facendolo rinnega l’intero sistema che gli permette di essere quello che è. L’astrazione non è una dote diffusa. Difficile capire un povero se non lo sei mai stato.

Non dimenticare, però, che l’esistenzialismo è solo una faccia della sovrapposizione. Per sopravvivere bisogna dare spazio al romanticismo e cercare di avere un po’ di fortuna. Ricordo la faccia di Jacob Kowalski mentre Grindelwald prevedeva la seconda guerra mondiale. Pensa ai poveracci nati nel 1905. Due guerre e una crisi economica senza precedenti. Sfortunati.

Cerchiamo di fare un piccolo sforzo per non essere ipocriti. Non manifestiamo contro il nostro esercito, non boicottiamo chi ci garantisce di vivere bene, non rinneghiamo il sistema manifestando in piazza del Duomo per modificare il genoma umano.

Combattiamo le battaglie che vale la pena di combattere, che portano generalmente a un compromesso instabile, ma che potrebbe evitare un paio di guerre.

E allora stasera il mio pensiero va molto più lontano di Gaza, che purtroppo non è di sicuro il posto dove si sta peggio al mondo. Va dove il nemico non è così ricco come Israele, da giustificare la mobilitazione di milioni di occidentali per cercare di depredarlo.

Va ai bambini del Sudan, martoriati da decenni. Ai bambini dello Yemen che camminano sulle mine degli Huti, mentre cadono le bombe degli arabi. Ai bambini schiavi del Congo, che vediamo ogni volta che osserviamo il nostro telefonino, fatto con il loro sudore. E poi Birmania, Libia, Mali, Somalia. Guerre di cui non frega niente a nessuno, perché non ci sono i soldi di Israele come miraggio di bottino.

Come si fa a vivere consapevoli di tutto quello che ho scritto finora?

Si cerca il romanticismo.

“Imagine all the people,
livin' life in peace,
you may say I'm a dreamer,
but I'm not the only one,
I hope someday you'll join us,
and the world will be as one”.

Anche se è impossibile, crederci ci libera dal macigno dell’esistenzialismo. E lui lo sapeva, e lo scopo della canzone non è cambiare l’uomo, ma farlo sopravvivere.

Nel frattempo provo a non essere ipocrita. Lascio le guerre agli interessati e cerco di fare il massimo nel mio piccolo. Non cerco di cambiare il mondo, ma solo di renderlo un poco migliore.

Correva l’anno 1971

John Lennon - Imagine